Dolce lavoro agreste o lavoro...nero di fine secolo? E' il periodo dell'etichetta bucolica, figlia neppure troppo minore di una lontana tradizione iconografica anche culta, che affonda talvolta negli immediati dintorni di certa Renaissance di maniera: il lavoro è gioco, attività serena, ideale, che maschera e trascende le rudezze della realtà. Così, ecco pronto un fin de siècle trasognato, ammiccante e per nulla ironico. Lontane le temperie truci che si scateneranno di lì a poco sull'Europa. Una cosa sola conta: l'Austro-Ungarico Kirsch-Wasser tiene lontani anche i fantasmi, e così facendo salva quel mondo e ahimè, se stesso.

Piccolo capolavoro di eurocentrismo culturale: a ben vedere, ve ne sono tutti gli elementi, finemente e tanto involontariamente dichiarati da risultare assolutamente, oggi, ingenui e disarmanti. Così non fosse, ci sarebbe da chiedersi perchè la ricca di ginepro terra italica, avrebbe dovuto importarne dall'Imperio do Brasil - Provincia da Bahia?! E poi, in bell'ordine il perplesso capitano, il ricco agricultor e un indio dai tratti scimmieschi: il nostro modo di intendere l'altro mondo. E loro, di riflesso: "...sarà vero che in Germania mangiano i nidi di uccelli? " Così Jorge Amado, il meglio di Bahia...

Raro documento da lassù sulle montagne. Alpen-bitter svizzero, forse liquore alle erbe, di quelli buoni anche a guarir tutto. L'atmosfera bucolico-familiare non muta, e neppure l'idea secondo cui la donna fatica e l'uomo suona per valli e per convalli: Heidi docet, ma almeno v'andava lei con le caprette, felice e contenta. Comunque, ancora una volta, si è capito che l'importante è creare atmosfera. Quale? Quella idilliaco-sentimentale del liquore che dona salute e fa tanto clima da buona montagna: per anni l'ambiente montano non è stato altro che sinonimo di pace, escursioni e salute del corpo e dell'anima tout court; prima, ben inteso, che miliardi di sciatori ne alterassero l'animus. Insomma: quant'è lontana l'atmosfera modello Sissi fine ottocento, con tanto di patinatura hollywoodipendente?

A ben vedere, una costante di queste etichette è l'assenza di un marchio di fabbrica: qui Rhum (il liquore) e Martinique (la provenienza?!?). E null'altro... L'antillana con lo sgardo tranquillizzante: una garanzia e null'altro! Uno dei rari casi, anche per quegli anni, nei quali la negritudine portava a certificare (talvolta con grave ingenuità) se non proprio la qualità, quanto meno la genuinità: già, perchè spesso questi liquidi erano di provenienza tutt'altro che tropicale. Rhum italianissimi, insomma, o francesissimi o germanissimi.... Tant'è: la bella negretta (non ancora, in quegli anni, deprivata di vesti pseudolocal folkloriche - il nudo non ancora all'orizzonte!) certificava e ammaliava con sorriso finto ingenuo. E il marchio di fabbrica? A che pro? Appunto....

Ancora nel solco, lo stesso, di un falso esotismo di maniera: paradossal capzioso! Ovvero: che cosa c'entrasse il Vermouth con la China ( la terra, non le piante aromatiche, per altro di provenienza sudamericana...), Dio solo lo sa. Si sa invece donde nascano le cineserie kitsch: l'amor, la moda, la passion furibonda per tutto ciò che avea aura d'esotico e, in altro modo, il contraltare stranger per i nostrani loreti impagliati, i busti di Napoleone, ecc. ecc. con tanto di gheishe figure sognanti in perplessità. Un bric-à-brac di stereotipi misti al floreal à la page, chiamati ancora una volta a garantire, se non proprio una provenienza, almeno un'idea, un fosfema mentale: oggi diremmo, con un poco d'azzardo, una virtuale, consolidata sicumera virtuale dell'animo e dello spirito. Insomma, tutto quanto, nel mondo che stava cangiando verso i baratri delle sorte magnifiche e progressive, garantisse le bellezze, il sogno, dell'altro mondo: quello lontano, mai visto ma origliato, magari anche sui libri di Salgari: che pure lui,non s'era mai allontanato troppo da casa. E allora, eccotela lì, la cinese in abiti made in Japan...